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Si chiama Parenthood e va in onda su Joi, il canale a pagamento di Mediaset premium. Max, uno dei protagonisti, è un ragazzino a cui all'età di otto anni viene diagnosticata la sindrome di Asperger.

max-burkholder-parenthood.jpgROMA - Un ragazzino di otto anni che preferisce di gran lunga le sue costruzioni alla partita di baseball, sport immancabile nei telefilm americani a tema familiare. Quando finalmente accetta di giocare, lo fa solo per accontentare gli uomini di famiglia (e perché contratta col padre una tripla porzione di gelato): colpisce la palla, però poi corre nella direzione sbagliata. Il nonno insiste nel volerlo indurire, le pacche sulla spalla lo scuotono fino a spostarlo, i passaggi di palla dritti allo stomaco sono incomprensibili. Lui, Max, le parole e incitazioni di incoraggiamento proprio non le capisce, e soprattutto non capisce perché ci sia bisogno di gridare.
Il ragazzo ha semplicemente un modo un po' diverso dal comune di affrontare la vita, non esattamente conforme allo standard, ma nemmeno troppo incompatibile con la socialità e la consueta vita di famiglia. Perché Max ha la sindrome Asperger, una forma di autismo ma "ad alto funzionamento", se lo ripetono spesso i due genitori, cioè senza ritardo mentale ma con disturbi di solito più di natura comportamentale e sociale. Solo che fino a quel momento nessuno lo sa, Max passa per un ragazzino forse un po' più sensibile degli altri, comunque un tipo a modo suo, ma tutto sommato nulla di più. E invece con quella diagnosi si spiegano molte cose: i comportamenti ripetitivi, la mancanza di amici, o le strane paure come quella di passare davanti alle candele accese. Parla anche di autismo, anche se in una delle sue forme più leggere, la serie tv Parenthood, traducibile in italiano con il poco usato ‘genitorialità', e infatti il telefilm prodotto negli Stati Uniti va in onda da metà dicembre con il nome originale su Joi, il canale a pagamento di 
parenthood-cast-photo.jpgMediaset Premium.
Una spropositata reazione rabbiosa, una lite e il morso al braccio di un compagno di scuola diventano il pretesto per osservare il ragazzo più attentamente e parlare con una psicologa, che capisce. Segue il disorientamento per la diagnosi inaspettata, la difficoltà di accettarla e anzi il rifiuto iniziale, insomma vanno in scena alcune delle reazioni più tipiche, la rappresentazione, anche se sceneggiata, forse addolcita dalle esigenze televisive, ma tutto sommato realistica delle difficoltà di accettare un figlio che non si riesce più, dopo la diagnosi, a considerare perfetto. Allora diventa chiaro perché, ad esempio, Max non risponde ai saluti dei suoi compagni di scuola, e perché siede sempre da solo, senza riuscire a fare amicizia, o come mai ogni tanto abbia inspiegabili scoppi di rabbia.
parenthood.jpgLa serie tv in realtà non parla solo di autismo, ma inserisce il tema in quello più ampio della famiglia allargata, con i quattro fratelli ormai adulti che però si ritrovano tutti, per ragioni diverse e con i rispettivi figli, nella casa dove sono cresciuti. Una commedia leggera, dunque, ma che porta sullo schermo un disturbo poco conosciuto o su cui circolano spesso stereotipi e pregiudizi, come conferma lo stesso papà di fronte alla diagnosi dell'Asperger a suo figlio. (Gina Pavone)
© www.superabile.it - 30 dicembre 2010

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