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Neonato-che-dormeNon risponde alle sollecitazioni, e sembra vivere in un mondo tutto suo. È il bambino autistico, bello e impossibile, uno ogni 150 nuovi nati (le femmine meno colpite dei maschi) manifesta il disturbo. Non si è ancora trovata la cura, ma è importante fare diagnosi al più presto.

Con le terapie comportamentali, più precocemente si interviene, prima si instaura un relativo miglioramento. Maria Luisa Scattoni, neurobiologa, classe ’73, ricercatrice all’Istituto superiore di Sanità, è capofila di un’operazione che ha già fatto scalpore. Finanziata dal Ministero della Salute, indaga il comportamento dei bambini nei primi mesi di vita.

Dottoressa Scattoni, perché cercare l’autismo nei più piccoli?
"Se riusciamo a determinare precocemente i marcatori di rischio faremo in modo che i bambini vengano segnalati a neuropsichiatri infantili. Per questo organizziamo anche, regione per regione, corsi rivolti ai pediatri".

In cosa consiste lo studio?
"Andiamo a registrare il pianto del neonato nei primi mesi di vita e i movimenti spontanei denominati general movements. Li confronteremo poi con quelli di soggetti ad alto rischio, sorelle o fratelli di bambini con disturbi dello spettro autistico, per individuare un profilo del pianto".

Come si svolgerà l’indagine?
"Lo studio inizia 10 giorni dopo la nascita e si protrae fino ai 2 anni. Avremo un campione di 250 bimbi nella popolazione dei cosiddetti normotipici. Vedremo poi i bimbi ad alto rischio, più difficili da reclutare. In questo gruppo, si è visto, il disturbo dello sviluppo, non solo intellettuale ma anche del linguaggio, ha un’incidenza che oscilla tra il 5 e il 10%. Studieremo questi gruppi per tre anni, coinvolgendo il Bambino Gesù, l’istituto Stella Maris di Pisa, l’Università di Firenze e naturalmente l’Istituto superiore di Sanità".

Ma cosa accade nella mente di così strano da innescare un disturbo dello spettro autistico?
"La componente genetica è stata identificata chiaramente, almeno 25 geni sono coinvolti, ma oltre alla mutazione non si esclude un fattore ambientale, ad esempio una suscettibilità a fattori chimici che possono risultare tossici, e scatenare la patologia".

Come ha cominciato a occuparsi di questa materia?
"Vengo da studi di scienze biologiche, fisiopatologia, e un dottorato. Ho trascorso gli ultimi sei anni facendo la spola tra gli Usa e l’Italia. Dopo la laurea alla Sapienza sono stata a Bethesda, al National Institute of Mental Health, a Washington e Cambridge".

Come si svolge la ricerca di base in laboratorio?
"Negli Usa mi sono dedicata allo studio dei modelli animali di autismo, conosciamo infatti alcuni geni coinvolti e siamo riusciti a identificare, nei topi, alcuni marcatori precoci, come le vocalizzazioni ultrasoniche. Cerchiamo di svelare i sintomi dell’autismo a livello di interazione sociale, ritardi nel linguaggio e comportamenti ripetitivi".

Lei negli Usa era un cervello in fuga, poi cosa è successo?
"Ho deciso di tornare a fare ricerca di livello in Italia e sono stata premiata".

E se ci saranno tagli ai bilanci?
"Proverò a cercare altre fonti di finanziamenti, e se alla fine non avrò altre risorse ripartirò per l’estero, sempre allo scopo di sconfiggere l’autismo".

Di questi temi parlerete anche al prossimo congresso...
"Sì, a metà settembre a Milano, una mattina sarà dedicata a un focus su autismo e ritardo mentale, un’importante occasione di confronto tra specialisti, in vista dell’inizio dei corsi".

I corsi, aggiungiamo noi, partiranno a ottobre in Lombardia e proseguiranno su tutto il territorio italiano. Saranno coinvolte le famiglie per favorire il dialogo tra i medici e i genitori di soggetti autistici. Le più importanti società scientifiche di pediatria in Italia hanno sposato la causa.

di Alessandro Malpelo

© www.quotidiano.net - 18 maggio '11



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